Il Medioevo, incastonato tra gli anni difficili che seguirono la caduta dell’Impero Romano e colonizzazione delle Americhe, ci racconta forse il capitolo più affascinante della storia del vino. È infatti nel corso di quest’epoca lunga e dai mille volti che la coltivazione vitivinicola passò dal dover affrontare il rischio di sparire, sotto i calzari dei barbari invasori, a divenire una delle attività più finanziate e rinomate a livello europeo.

 

L’alba di un periodo buio
Due date (sulle quali gli storici ancora si dividono) segnano l’inizio del Medioevo: la morte dell’imperatore Teodosio (395), ultimo ad aver governato su un Impero Romano unito, e la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476). Si tratta, in entrambi i casi, di eventi che hanno segnato un forte momento di cambiamento, e hanno avuto un importante impatto su quanto accadde nei decenni e nei secoli successivi.

I popoli dell’odierna Europa si trovarono confrontati infatti con il declino di poteri centralizzati, e contemporaneamente con invasioni di tribù barbariche, guerre e saccheggi, ma anche di carestie ed epidemie: tutti eventi che, per quanto concerne la storia che più ci interessa, hanno portato alla distruzione e all’abbandono di ampie aree di coltivazione della vite. E se la produzione vitivinicola ha superato questo tragico periodo, da appassionati di vino dobbiamo ringraziare, in massima parte, san Benedetto.

 

La salvezza del vino (per la salvezza dell’uomo)
San Benedetto da Norcia (480 – 547) con la fondazione del monastero di Montecassino (oggi in provincia di Frosinone) diede forma a una nuova regola, che garantì una base per il monachesimo occidentale. I monasteri benedettini, nel corso degli anni, divennero centri di aggregazione e stabilità, capaci di portare enormi benefici ai villaggi limitrofi, dal punto di vista sociale, culturale ed economico. È grazie ai monaci se l’eredità classica di Greci e Romani è stata preservata e tramandata fino ai giorni nostri, ed è all’interno di questo fondamentale retaggio storico che gli abitanti dell’Europa medievale ritrovarono la conoscenza e le tecniche della cultura della vite.

L’impulso alla coltivazione, allo studio e al miglioramento delle tecniche produttive rinacque e si diffuse: ciò anche perché il vino, nel mondo ecclesiastico, ha la duplice valenza di fondamentale prodotto consumabile (spesso rappresentava un’alternativa all’acqua quando quest’ultima era inquinata) e al contempo di simbolo dell’Eucaristia, ovvero la celebrazione del dono da parte di Gesù ai suoi discepoli di pane e vino, come suo corpo e sangue, nel corso dell’Ultima Cena.

Sin dalla nascita la Chiesa cattolica ha interpretato l’atto sacramentale dell’Eucaristia come un impegno imprescindibile, un’eredità lasciata da Gesù stesso, e ha quindi arricchito pane e vino di valori alti, divini e intimamente legati alla salvezza dell’uomo.

 

L’evoluzione del vino in un prodotto “di lusso”
Nel corso del Medioevo, la coltivazione della vite ha sempre giocato un ruolo di primaria importanza in comunità tanto ecclesiastiche quanto nobili: che le viti fossero ben curate e il vino ben conservato, ad esempio, è un imperativo che troviamo nel corpo legislativo emanato da Carlo Magno attorno al 795. Lo sviluppo delle tecniche e delle competenze vitivinicole fu inoltre rilevante nell’attività della rete delle abbazie figlie che riportavano all’abbazia madre di Cluny, nata in Borgogna nel 910 e che, non a caso, seguiva la regola dettata dal già citato San Benedetto di Norcia. Anche una volta superato l’anno 1000, in un’Europa dominata a sud dalla Chiesa di Roma e a nord dal Sacro Romano Impero, con l’aumento demografico e lo sviluppo economico di città quali Genova, Venezia, Milano e Firenze, il consumo di vino si spostò gradualmente nei grandi centri urbani, aree ricche dove tuttavia il vino non poteva essere prodotto in loco.

Fu allora che il vino, insieme ad altri generi alimentari, divenne sempre più apprezzato e oggetto di forti investimenti da parte degli esponenti di una borghesia composta da mercanti, ricchi artigiani e primi banchieri. Divenne a tutti gli effetti un prodotto “di lusso”, poiché il prezzo saliva a fronte delle elevate richieste, ma anche perché produrlo e commerciarlo significava dover innanzitutto disporre di grandi possedimenti terrieri, investire in lunghi e difficoltosi trasporti e quindi pagare tasse e dazi, prima che si potessero riempire i calici sulla tavola delle famiglie benestanti. Fu in questo periodo di forte espansione che emersero grandi zone di produzione e di commercio: aree e località che anche gli amanti del vino del giorno d’oggi ben conoscono.

 

La nascita delle grandi regioni produttive e delle fiere
Se si considera che nel Medioevo il trasporto via terra era più complesso e meno efficiente di quello via mare, e se si tiene conto al contempo del contesto naturale più favorevole alla coltivazione della vite, non c’è da stupirsi troppo se i primi grandi produttori di vino erano stabiliti nei pressi di mare e corsi d’acqua. Il Basso Medioevo (Secoli XI – XV) vide aumentare esponenzialmente la produzione vinicola nell’ambito di culture costiere, come quelle spagnole e greche, su isole quali la Sicilia e Cipro, all’interno di aree affacciate sull’Atlantico come la regione della Médoc (che termina a poca distanza da Bordeaux), e al contempo presso città affacciate su grandi fiumi quali il Danubio e il Reno. Da queste aree sempre più botti di vino furono imbarcate per raggiungere città vicine e lontane, per terminare spesso anche nelle regioni del nord, dove la produzione era scarsa o nulla, ma sete e desiderio abbondavano: Fiandre, paesi baltici, Inghilterra divennero acquirenti che fecero la fortuna anche di quei mercanti, veneziani su tutti, che iniziarono a importare vini esotici da mete più lontane, quali ad esempio la Turchia.

All’interno della finestra temporale del Basso Medioevo, in questo periodo di fiorenti commerci e passione per il vino, dal XII Secolo prese vita un fitto calendario di fiere, durante le quali mercanti provenienti da Mediterraneo e Mar Baltico si incontravano per comprare e vendere merci. Particolarmente apprezzati erano prodotti quali tessuti e spezie orientali, pellicce e resina provenienti del nord, e ovviamente il vino. Grazie alla sua posizione a metà strada tra Mediterraneo e Baltico, fu la regione francese della Champagne a realizzare le fiere di maggior successo, e giocò un ruolo di primo piano per secoli, prima dell’apertura di nuove rotte commerciali, in particolar modo tra Italia e Fiandre, e della colonizzazione europea delle Americhe.