Come abbiamo visto nel capitolo precedente della nostra breve storia del vino, il Medioevo ha rappresentato una delle epoche più affascinanti per quanto concerne la produzione vitivinicola europea.

L’eredità del passato
Nel corso del Medioevo, la coltivazione vitivinicola passò dal dover affrontare il rischio di sparire (tra invasioni barbare, carestie ed epidemie) a una rinascita produttiva e culturale, che ha affermato il vino come un prodotto apprezzato, diffuso e studiato. Il vino, agli albori del Rinascimento, gode quindi dell’evoluzione delle tecniche di coltivazione vitivinicola riscoperte, codificate e tramandate nei monasteri benedettini, così come di fitte e vaste reti di distribuzione su scala europea, che si erano formate nel corso del Medioevo stesso. Dalle aree di più alta produzione vinicola (la regione francese della Médoc, le coste mediterranee, così come le città affacciate su Danubio e Reno) si rafforzò un flusso costante di distribuzione di vino verso centri urbani in forte espansione, come Genova, Venezia, Milano e Firenze.

Un prodotto per ogni tavola
Destinazione importante in termini di distribuzione vinicola, all’alba del Rinascimento furono anche le fiorenti corti di signorie e principati italiani, che aprirono la strada a nuovi lussi e alla ricerca di prodotti sempre più particolari e prelibati, come ad esempio i vini dolci del Mediterraneo o provenienti dal vicino Oriente. Al contempo, i cittadini che disponevano di un minor potere d’acquisto portavano ugualmente del vino sulle loro tavole, anche se si affidavano a produzioni locali, non soggette ai costi legati a lunghi trasporti e dazi. Il vino rafforzò quindi, pur seguendo strade differenti, la sua posizione di prodotto consumato su base quotidiana, trasversalmente alle classi sociali, apprezzato dal contadino e dal mercante, dal banchiere e da nobili e re.

Sommelier e intenditori ante litteram
La diffusione del vino e dei vini, intesi come varietà differenti, fu immediatamente seguita dalla nascita di nuove figure professionali, necessarie soprattutto nelle classi più abbienti per garantire che si bevessero soltanto le migliori produzioni disponibili. Nelle migliori corti europee lo scalco, che già si occupava di selezionare e servire le carni, iniziò a scegliere anche i più prelibati vini a disposizione, proponendoli nella giusta sequenza. Il bottigliere assaggiava e predisponeva il servizio, compito che spettava poi ai coppieri.

Si sviluppò al contempo una letteratura dedicata alla viticoltura, all’interno della quale spiccano la De naturali vinorum historia di Andrea Bacci (1524 – 1600), e la Istoria delle viti, che si coltivano nella Toscana: nella quale vengono dimostrate, e descritte circa dugento spezie delle medesime, e quali sono disposte metodicamente secondo la forma di Pier Antonio Micheli (1679 – 1737), fondatore della Società botanica italiana.

Un nuovo mondo vitivinicolo
I secoli XV e XVI sono caratterizzati dalle grandi esplorazioni e scoperte geografiche, epoca durante la quale giocarono un ruolo di primo piano Spagna e Portogallo, che impiantarono vitigni in America Latina, per produrre localmente vino e superare i grandi costi di trasporto del vino dalla madre patria. Con l’espansione coloniale spagnola, iniziata in Messico, paesi quali Peu, Cile e Argentina iniziarono a divenire terre di coltivazione della vite, al punto che Filippo II di Spagna fu costretto a promulgare un editto che vietava l’impianto di nuove viti nelle colonie (fatta eccezione per il mondo ecclesiastico), così da arginare la nascente concorrenza nei confronti dei vini prodotti in Spagna.