Avevamo concluso il precedente capitolo della nostra storia del vino con un’epoca, il Rinascimento, durante la quale il vino aveva vissuto una diffusione su una scala geografica sempre più vasta. Le corti di fiorenti signorie e principati divennero importanti clienti dei produttori vitivinicoli, mentre iniziava a crescere la concorrenza, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, da parte dei vitigni che spagnoli e portoghesi avevano impiantato in America Latina. Nonostante conflitti e rivoluzioni, la diffusione del vino proseguirà anche nel corso dell’Evo Moderno.

Espansione, oltre ogni concorrenza
Il Seicento e il Settecento furono secoli caratterizzati da ostacoli per la diffusione del vino: alle guerre e alla rivoluzione puritana in Inghilterra si affiancarono la concorrenza della produzione di birra (prodotto a basso costo alternativo al vino) e dei distillati, molti dei quali provenienti dal Nuovo Mondo: rum, brandy, whisky, acquavite iniziarono ad essere apprezzati anche grazie al fatto che si conservassero facilmente e a lungo.

Tuttavia, in modo simile anche i vini liquorosi offrivano gusto e semplicità di conservazione: località come Jerez (patria dello Sherry), Porto, Madeira e Marsala danno ancora oggi il loro nome a importanti vini. E rivoluzioni tecnologiche come le bottiglie in vetro e i tappi di sughero consentirono nuove forme di rifermentazione e di preservazione delle qualità organolettiche: fu il periodo in cui iniziò il successo dello Champagne, che dalla corte francese conquistò il mondo. Nuove rotte commerciali presero vita grazie agli imperi coloniali, e si iniziò a prestare sempre più attenzione all’origine e alle denominazioni controllate dei vini prodotti: fu nel 1716 che Cosimo III de Medici emanò un decreto per proteggere le denominazioni di origine di Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra.

Il flagello delle malattie della vite
Tra il 1840 e il 1860 la comparsa dell’oidio (detto anche “mal bianco”) in Europa, una delle più pericolose malattie della vite, mise in crisi raccolti e produzione vinicola. I produttori dovettero quindi importare viti americane, che erano immuni dai funghi che provocavano l’oidio. Questa apparente soluzione fu in realtà causa di un male ancora maggiore, poiché insieme alla vite americana giunse nel Vecchio Continente anche la fillossera, un minuscolo insetto che, manifestatosi per la prima volta in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nel giro di due decenni distrusse le viti di tutto il globo, salvo rarissime eccezioni.

Riuniti in congressi internazionali, gli esperti europei decisero di reimpiantare le viti europee su portainnesto americano, resistente all’attacco della fillossera, ma ciò portò a sua volta all’arrivo dalle Americhe della peronospora, malattia causata da esseri viventi unicellulari o pluricellulari chiamati cromisti. A causa della ridotta produzione e della crescente richiesta, frodi e contraffazioni nel mondo del vino presero piede, così come si diffuse il consumo di superalcolici, più economici e non toccati dalle malattie della vite. Tutto ciò portò i produttori vitivinicoli a ricercare nuove soluzioni in ambito biologico e chimico per garantire produzione e una qualità elevata del vino stesso.

Rinascita del vino, grazie a tecnica e della tutela
Grazie alle scoperte, in gran parte francesi, di tecniche di zuccheraggio, fermentazione e protezione dalla fillossera, prese vita una nuova vitivinicultura, che si distanziò nettamente da quella classica, rimasta praticamente invariata dai tempi antichi. La Francia negli anni ’30 del Novecento e l’Italia negli anni ’60 introdussero le denominazioni d’origine, a tutela dei produttori, quindi dagli anni ’70 presero vita processi di uniformazioni delle normative a livello continentale. Da allora, la produzione di vino è proseguita parallelamente alla ricerca scientifica, meccanica e, successivamente, elettronica. Un processo che ancora oggi prosegue senza sosta.

Fonte: Vino – Le Garzantine